Padova: una squadra "Made in ITALY"
Il ct Roberto Mancini chiama (“C’è bisogno che i giovani italiani giochino di più nelle squadre di club”), Padova risponde. In questa stagione i biancoscudati hanno una rosa composta esclusivamente da calciatori italiani. […] Al netto di qualsiasi discorso nazional-popolare, quella biancoscudata è una vera e propria svolta, arrivata dopo un processo graduale cominciato in Serie C e che vede il Padova e i cugini del Cittadella come le uniche due squadre tra Serie A e B ad avere una rosa formata solo da italiani. L’ultima volta che i biancoscudati disputarono un campionato con una formazione completamente italiana rappresenta un precedente che potrebbe anche essere di buon auspicio, visto che bisogna risalire alla stagione 1993/94, quella della promozione in Serie A. La scelta del Padova non è un’imposizione (se Zamuner avesse avuto tra le mani un ottimo giocatore straniero non se lo sarebbe fatto sfuggire) ma non è nemmeno casuale e viaggia di pari passo con la nuova filosofia del vivaio che punta a valorizzare i talenti del territorio. E anche in prima squadra si iniziano a vedere i frutti di questa linea di pensiero, se è vero che ben 11 dei giocatori a disposizione di Bisoli arrivano dal Triveneto. Ma nel 2018 avere una rosa tutta italiana può significare anche abbracciare i cosiddetti “nuovi” italiani. E il Padova ha due esempi simbolo. Il primo è quello di Eyob Zambataro, nato ad Addis Abeba ma italiano dopo essere stato adottato a 9 anni da una famiglia di Monza. Il secondo è quello di Jeremie Broh, nato a Parma (vanta anche diverse convocazioni con le nazionali azzurre giovanili) da madre camerunense e papà ivoriano. «Una rosa tutta italiana? No, non è una casualità», spiega il direttore generale Giorgio Zamuner. «È ovvio che non chiudiamo certo le porte a nessun giocatore straniero, ma il pensiero è che, finché si gioca in Serie B, non è necessario andare a sondare altri mercati rispetto a quello italiano. I giocatori cresciuti qui conoscono le metodologie di lavoro e si adattano più in fretta a questo tipo di calcio». Ed è un discorso che vale a maggior ragione per i tanti “under” che, una volta usciti dal campionato Primavera, faticano a trovare spazio tra i grandi. «Spesso le squadre hanno troppa fretta e non hanno né voglia né tempo di aspettare la maturazione dei giovani. Ma ai ragazzi va data la possibilità di giocare e sbagliare, altrimenti non cresceranno mai».