Collauto: "Venezia nel cuore, ma il mio percorso qui è finito. Io una bandiera? E' bellissimo"
«Io una bandiera del Venezia? È bellissimo, anche se non voglio essere io a etichettarmi: dico solo che ho dato sempre tutto, questo si, in campo prima e dietro la scrivania poi, con i miei errori. Da veneziano più dei momenti belli ricordo le difficoltà, me le tengo strette perché proprio queste mi hanno permesso di instaurare con la gente un rapporto indissolubile. Le gioie? La promozione in C1 con Di Costanzo, poi da dirigente il ritorno in A dopo 20 anni: la vittoria è bella, ma la costruzione che c’è dietro lo è di più. Tre fallimenti societari in dieci anni sono da record: rimango orgoglioso di non essermi più mosso da qui, sono cresciuto come uomo e il tifoso ha apprezzato. Il benservito di Niederauer? Il tempo aiuta una visione più ampia, a me sarebbe piaciuto lasciare la squadra in Serie A prima di andare via: ora è giusto che il club vada avanti con altre persone, può stare ad alti livelli e lo sta dimostrando anche senza uno stadio in terraferma. Se ci sono i risultati e le idee giuste la gente ti segue: è emozionante vedere il Penzo cosi meritatamente pieno, ma la venezianità è importante, un valore identitario da cui non prescindere. Il mio percorso qui è finito: il Venezia era e resta la mia squadra del cuore, ora però non vedo l’ora di misurarmi in altre situazioni, purché consone. Resto uno che non accetta nulla se non convinto di poter fare calcio come si deve». Così, dalle colonne de Il Gazzettino, Mattia Collauto, ex calciatore e dirigente del Venezia.