GazzSport - Simic, il gigante difensivo di Spalato che sa segnare e a Bari vuol mettere radici

Dalle coste dalmate alle rive dell’Ur. Dalla sponda doriana della Lanterna alla Valdelsa. E poi l’antico Ducato di Ferrara, il golfo del Quarnaro sull’Adriatico, la danubiana Streda, la medievale Lubin, il barocco leccese, la turrita Ascoli Piceno, il porto di Haifa e la città di San Nicola. Parafrasando Alessandro Manzoni, Lorenco Šimić non è Napoleone. Non è un generale. Ma un soldato semplice.
Attualità - È un centrale di difesa. Non ha ancora 29 anni. Ma di strada ne ha fatta. Su e giù per l’Europa e oltre. Su e giù per affermarsi. Per scacciar via la sfortuna. Per provare a diventare ciò che è: un giocatore di qualità con un fisico importante – 195 cm d’altezza - e nello stesso tempo fragile. Abilissimo nel gioco aereo. Ma non solo. E non solo nella propria area di rigore. Chiedere per credere al Bari, la squadra della città di San Nicola che gli ha dato l’ennesima chance prelevandolo dal Maccabi Haifa negli ultimi giorni del mercato estivo. Dopo un avvio in sordina, con esordio in biancorosso a fine ottobre a La Spezia negli ultimi 13’ della sfida terminata senza gol, il difensore croato di Spalato pian, piano – tra alti e bassi – si è ritagliato uno spazio nel progetto di Moreno Longo.
Numeri - Alcuni numeri (una dozzina di presenze e 893’ in campo) non spiegano l’evoluzione di un giocatore che sta diventando importante nel 3-5-2 o 3-5-1-1 disegnato dal tecnico del Bari. Ma lo certificano altre due cifre. La correttezza: un’ammonizione. E i due gol nelle ultime tre gare. Il primo, inutile, sul campo della Carrarese. Girata di destro al centro dell’area al 37’ e quello del successo (2-1) a spese del Palermo nell’ultima recita. Angolo da sinistra di Nicola Bellomo al 90’ e colpo di testa in tuffo a incrociare con palla che tocca la traversa e termina in rete. La corsa felice verso il fotografo del club fa parte del gioco. Nonché un urlo liberatorio. Come il tripudio dei tifosi, sempre numerosi – in casa e fuori – ma in rotta di collisione con quel mostro giuridico che è la comproprietà. E, in particolare, con la famiglia De Laurentiis, che in tempi recenti ha detto per bocca di Luigi, il presidente del club, figlio di Aurelio: “Oggi siamo imprenditori che corrono un rischio, quello di dover vendere la squadra in dieci giorni se dovessimo andare in A…”.
Momenti no - Certo, per Lorenco non sono mancati i momenti bui. Come l’infelice ingresso sul 2-0 nella sfida d’andata con la Reggiana, poi capace di rimontare (2-2). E la responsabilità nello stacco vincente di Gabriele Guarino – molfettese e cresciuto nel vivaio del Bari – per il gol che ha permesso alla Carrarese di ribaltare i biancorossi (2-1) il 30 marzo. Ma il centralone di Spalato, titolare in cinque delle ultime sei gare, si sta dimostrando all’altezza della situazione. Tanto che, dopo lo 0-0 interno con la Salernitana, il 15 marzo, ha detto: “Ho sofferto tanto, perché ho avuto il ginocchio infiammato per diverso tempo. Ora mi sento meglio, userò la sosta per essere al 100%. Abbiamo 8 finali per portare il Bari più in alto possibile. Sono contendo di poter aiutare ora la squadra, non stavo bene e adesso è arrivato il momento per dare io mio contributo”. È stato di parola, blackout di Carrara a parte. E ora per lui che è in prestito dal Maccabi Tel Aviv con diritto di riscatto condizionato, ecco schiudersi la possibilità di mettere radici.
Origini - Già, le radici. Lui che è fiero delle proprie, che sono croate e legate all'Hajduk Spalato. E, dopo che ha dovuto allontanarsene, ha cominciato un giro che l’ha portato sulle rive ucraine del fiume Ur all’Hoverl. Poi alla Sampdoria, senza mai giocare. Empoli e Spal. Ancora Croazia, al Rjieka. In Slovacchia al Dac Dunajská Streda. Per allungarsi in Polonia allo Zaglębie Lubin. Tornare in Italia. Prima a Lecce, poi ad Ascoli. Volare al Maccabi Haifa e ritentare in Italia, potrebbe davvero aver trovato un approdo definitivo a Bari. Lui lo spera e se lo sta meritando. Al finale di stagione – per tonare a Manzoni, “l’ardua sentenza”.