GazzSport - Kouda: "Dai dilettanti all'Under 21, ancora non ci credo. Lo Spezia mi ha cambiato la vita"

Gli occhi sono quelli di un ragazzo che ha perso la speranza. Comprensibile, se a 15 anni passi dalle giovanili dell’Atalanta a quelle di una squadra che fa la Promozione. “Per un po’ ho convissuto con la paura di non farcela. Pensi che il treno sia passato e che non tornerà più”. Quando Rachid Kouda si guarda indietro, si emoziona. Oggi ha 22 anni e sogna la Serie A con lo Spezia di D’Angelo. “Sarebbe un sogno, soprattutto per come è arrivata la salvezza lo scorso anno. Ma non la viviamo come un’ossessione”. Sarebbe solo la chiusura di un cerchio bellissimo. Rachid si racconta nei dettagli: ha scalato la roccia, avanzando picconata dopo picconata. Sfidando la paura di franare giù. E facendogli gol. Da qui su, adesso, la vista è meravigliosa. “Quest’estate ero in nazionale U21 e giocavo in B con lo Spezia, se mi guardo indietro mi sembra un’altra vita”.
Partiamo da qui, dal presente. Lo Spezia le ha cambiato la carriera?
“Non solo la carriera, ma anche la vita. In due anni sono passato dai dilettanti alla Serie B. Ricordo come fosse oggi il primo allenamento con i bianconeri: andavano tutti a tremila. Contrasti, interventi duri, intensità altissima. Avevo un po’ paura di non essere all’altezza, invece poi ho preso il ritmo e mi sono inserito alla grande. Sono un ragazzo solare, a cui piace scherzare. Anche questo penso abbia aiutato”.
La trattativa per portarla a La Spezia come è andata?
“Ho saputo che il direttore Melissano mi ha seguito per tanto tempo, soprattutto in C. Ma quando mi è arrivata la chiamata io ero all’oscuro di tutto. Inutile dire che ho detto di sì in trenta secondi e che il giorno dopo ero già a La Spezia a firmare”.
Grazie alla squadra bianconera è arrivato anche in nazionale. Che ricordi ha della chiamata?
“Guardi, la convocazione è stata uno dei momenti più emozionanti della mia vita. Veramente non me la aspettavo. Non ero stato mai chiamato in nessuna selezione giovanile. E invece Nunziata ha creduto in me. In quella squadra c’erano Seba Esposito, Pisilli, Ndour e tanti altri grandi giocatori. Ragazzi che hanno già fatto la Serie A e giocato in Europa, è stato incredibile”.
Come l’hanno presa a casa?
"I miei genitori sono stati felicissimi, anche loro non ci credevano. È stato un po’ un modo per ripagare tanti sacrifici fatti. Negli anni novanta mio padre è arrivato qui dal Burkina Faso per fare il falegname, poi l’ha raggiunto mia mamma. Ma ci siamo integrati benissimo, siamo stati accolti: nessuno ci ha mai fatto sentire “diversi” o in qualche modo discriminati. Io sono nato nel 2002 e mi sento italiano al 100%”.
Prima ha citato Esposito. I due fratelli di Sebastiano, Salvatore e Francesco Pio, giocano con lei allo Spezia. Che ragazzi sono?
“Saranno il futuro della nostra nazionale e del calcio italiano. Non ho problemi a dirlo, ne sono convinto. Salvatore ha già fatto campionati importanti in B e in A, Francesco Pio sta dominando il campionato a suon di gol e giocate. In più, sono due ragazzi bravissimi: umili, seri e sempre col sorriso”.
Adesso facciamo un passo indietro. Il viaggio di Rachid Kouda parte a Zingonia, casa dell’Atalanta. Ma le cose non vanno come ci si aspettava…
“Sono stato lì per 4 anni e mezzo. Ho imparato tanto, ma arrivato agli allievi hanno deciso che non ero pronto a fare il salto. Sono stato scartato e l’ho presa male. L’ho vissuto un po’ come un fallimento. Nel mio ruolo avevano preso Amed Diallo (oggi al Manchester United), che era più forte di me. Quella bocciatura è stato il primo schiaffo. La prima volta in cui non mi sono sentito all’altezza”.
Anche perché poi, la discesa, non era finita…
“Già. Ho scelto di andare al Renate per riprendere fiducia e trovare continuità, invece è successo tutto il contrario. Mi erano stati fatti discorsi e promesse, mentre sono stati i mesi più brutti della mia vita. Non giocavo mai, ero finito addirittura fuori rosa. Così ho deciso di scendere ancora più in basso”.
Ci racconti.
“Ho scelto di andare a giocare con il Luciano Manara, la cui prima squadra faceva la promozione. Sono stato lì per 3 anni, ma sinceramente avevo un po’ smesso di credere nel sogno di diventare un professionista. Mi sembrava tutto così lontano. Ho pensato che il treno fosse passato e non ci fossero più possibilità di salirci di nuovo”.
Invece in due anni, prima la promozione con il Picerno e poi lo Spezia.
“Come dicevo, mi hanno cambiato la vita. Se mi guardo indietro adesso ancora non ci credo. Mi sembra un’altra vita. Ho avuto paura di non riuscire a risalire e ora mi sembra tutto bellissimo”.
Che ragazzo è Rachid fuori dal campo?
“Sono un tipo sereno, molto solare. Mi piace molto leggere, soprattutto libri motivazionali. Ti insegnano a non mollare mai e a vedere sempre uno spiraglio di luce per crederci. Poi ascolto molta musica, anche in spogliatoio sono uno di quelli che la mette spesso. Diciamo che sono addetto a quello e agli scherzi”.
Se dovesse scegliere una fotografia dall’album della sua carriera, quale prenderebbe?
“La nostra esultanza il giorno della salvezza dello scorso anno. Perché è stata una vittoria di gruppo, spinti dalla gente. È come se ci fossimo salvati tutti insieme”.
Ha un obiettivo per il futuro?
“Il mio sogno sarebbe completare la scalata e arrivare in Serie A. Ma ora non ci penso. Sappiamo che stiamo facendo un grande campionato, la promozione resta un obiettivo ma non un’ossessione. Certo, sarebbe bellissimo”.